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Una classifica rivela che i due terzi dei grattacieli del 2016 sono stati completati in Cina

La Cina si conferma leader mondiale anche nella speciale classifica dei grattacieli innalzati nel corso del 2016. La speciale graduatoria è stata ideata dal Council of Tall Buildings and Urban Habitat (CTBUH), un organismo internazionale che si occupa dei così detti “edifici alti” e del loro rapporto con l'ambiente urbano. Secondo il suo rapporto annuale, che prende in considerazione tutte le costruzioni oltre i 200 metri, nell'ultimo anno ne sono state completate 128 in tutto il mondo, venti in più del 2015, e la parte del leone spetta indubbiamente al Paese asiatico. Se proviamo a scorrere i dati, lo scenario appare impressionante. In Cina si trovano 84 grattacieli, vale a dire i due terzi del totale; non solo, nella sola regione di Shenzhen ne sono stati eretti più che nel resto del pianeta, compreso il Guangzhou CTF Finance Centre, che con i suoi 530 metri rappresenta l'edificio più alto del 2016 e il quinto del mondo.

Per il colosso cinese questo non è un risultato sorprendente: è infatti il nono anno di fila che la nazione guida questa particolare classifica e anche il 2017 sembra andare in questa direzione, dato che si stima siano 328 i maxi-edifici in via di completamento nel Paese. Merito del rapido sviluppo urbano ed economico vissuto dalla Cina, che si traduce anche in un vertiginoso investimento edilizio, soprattutto in progetti mastodontici e di grande effetto: è la realizzazione concreta del principio di bigness, teorizzato quasi vent'anni fa da Rem Koolhaas, autore del quartier generale della televisione di Stato, la CCTV, uno dei simboli della nuova Pechino. Così affermava l'architetto olandese: «La Bigness, per la sua totale indipendenza dal contesto, è la sola architettura che può sopravvivere, che può addirittura sfruttare la condizione di tabula rasa ormai globale.[...] La Bigness è l’ultimo baluardo dell’architettura – una contrazione, una iper-architettura. I contenitori della Bigness saranno i punti di riferimento in un paesaggio post-architettonico – un mondo da cui è stata raschiata l’architettura». Un manifesto che è quasi una provocazione e che è ovviamente lontano anni luce dalla ricerca di armonia ed equilibrio con l'ambiente che caratterizza il lavoro di altri maestri, per esempio i giapponesi Kazujo Sejima o Toyo Ito.

L'inclinazione verso le grandi dimensioni però sembra ormai aver preso piede non solo in Cina ma in buona parte dell'Oriente, come dimostrano i supergrattacieli di Dubai, la Gama Tower di Jakarta in Indonesia o il MahaNakhon di Bangkok. E più di qualcuno potrà pensare che, a eccezione di qualche outsider europeo o americano, nel prossimo futuro a contendersi lo scettro delle costruzioni più imponenti saranno soltanto i Paesi asiatici.