Questo sito utilizza dati statistici sulla navigazione installati da terze parti autorizzate, rispettando la privacy dei tuoi dati personali e secondo le norme previste dalla legge. Continuando a navigare su questo sito accetti il servizio e gli stessi cookie.

Un restauro rivela nuove sorprese sulla Resurrezione di Piero della Francesca

Da poco più di un anno è iniziato il restauro della Resurrezione, uno dei capolavori di Piero della Francesca, e già sono emerse delle interessanti sorprese per gli studiosi e gli amanti dell'arte.

Il monumentale affresco fu dipinto dal maestro toscano tra il 1450 e il 1463 nella sua città natale Sansepolcro, e fin da allora si trova nella sala dell'antico palazzo comunale di Sansepolcro, oggi sede del museo civico. In quegli anni Piero stava lavorando al ciclo delle Storie della vera croce di Arezzo ed era un pittore già maturo e affermato; la scelta del governo cittadino fu quasi obbligata: affidare un'opera destinata a rilanciare il borgo a un illustre conterraneo, un affresco celebrativo e autoreferenziale, dato che il soggetto allude alla stessa Sansepolcro, che si pensava fosse stata fondata su alcune reliquie portate dalla Terrasanta dai pellegrini Arcano e Egidio.

Per la sua maestosità, il rigore geometrico, il raffinato accordo cromatico e l'atmosfera di sospesa sacralità, la Resurrezione conosce subito una fortuna immediata, per poi giacere dimenticata nei secoli successivi, fino alla sua definitiva riscoperta nel XIX secolo, quando anche il grande Degas soggiornerà nella cittadina toscana per ammirare questo dipinto.

Un'opera divenuta celeberrima e che aveva certo bisogno di un restauro, il primo della sua lunga vita, che le restituisse la luminosità originale, eliminasse le alterazioni dei colori e il deterioramento della pittura. Un intervento che, come accade spesso, ci consente di leggere e conoscere meglio questo capolavoro. In seguito alle analisi precedenti al lavoro si è scoperto, per esempio, che l'affresco ha richiesto diciotto “giornate”, vale a dire diciotto stesure di intonaco, mentre la cornice architettonica solo quattro; è quindi emerso come l'artista abbia utilizzato un insolito mix di pigmenti tipici della tempera e dell'affresco per dare un effetto più simile a quello del dipinto su tavola; inoltre la pulizia ha consentito di ritrovare alcuni particolari dello sfondo che erano scomparsi da tempo, come i borghi e i castelli che costellano le colline. Ma la sorpresa più grande riguarda l'esecuzione della Resurrezione, che non sarebbe stata dipinta in loco, ma su un altra parete, quindi segata e infine trasferita nel palazzo del governo: un trasporto complesso per l'epoca, eseguito con la tecnica “a massello”, ovvero adagiando il pezzo di muro su un telaio costruito appositamente.

Resta il mistero sulla collocazione originale dell'opera, per la quale si fanno svariate ipotesi: forse un'altra sala dello stesso edificio in posizione di maggiore prestigio; oppure in un luogo esterno protetto, come una loggia o un cortile; o infine in un tabernacolo di strada. Tutte congetture affascinanti che vanno ad arricchire la storia di uno straordinario affresco che rappresenta uno dei vertici dell'arte di Piero della Francesca e del primo Rinascimento italiano.

 

Per approfondire l'opera di Piero della Francesca guarda l'intervento di Flavio Caroli.