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Tra matematica e archeologia: una scoperta anticipa la misteriosa nascita dello zero di ben due secoli

Una pesante stele di pietra ritrovata in Cambogia negli anni Trenta si è rivelata una preziosissima scoperta scientifica. Sulla lastra, risalente al VII secolo dopo Cristo, compare infatti un'iscrizione relativa a un atto di vendita di alcuni schiavi, cinque paia di buoi e dei sacchi di riso bianco: un semplice documento commerciale ma che rappresenta la prima apparizione dello zero nella storia della matematica. Finora il reperto più antico era considerata una tavoletta datata 876 rinvenuta in India, nel forte di Gwalior, e recante le cifre 270 e 50; ma la recente scoperta cambogiana sposta indietro di due secoli la data di nascita dello zero. In realtà nello stesso periodo in Sudamerica anche i Maya impiegavano un segno per indicare lo zero, ma a detta degli studiosi la loro invenzione non ebbe nessuna influenza o sviluppo successivo.

Può sembrare strano, ma a differenza degli altri numeri l'utilizzo dello zero è avvenuta molto più tardi. I popoli dell'antichità, pur avendo sviluppato delle conoscenze matematiche decisamente avanzate, erano molto in difficoltà quando si trattava di maneggiare una nozione così complicata come quella del “nulla”. I Babilonesi, per esempio, non possedevano un simbolo per indicare lo zero e lasciavano uno spazio bianco nelle loro notazioni, una soluzione che era fonte di incertezze e equivoci: quanto doveva essere ampio questo spazio? Come distinguere cifre come 15, 105 o 1005?

I Romani d'altronde evitavano ogni dubbio in virtù del loro particolare sistema numerico “additivo”, per cui ogni simbolo ha un valore e i numeri si formano giustapponendo questi simboli: in questo caso lo zero non ha ragione di esistere, ma ciò non costituisce un beneficio bensì un limite per la loro matematica.

Come ha sostenuto il professor Hossein Arsham dell'Università di Baltimora: «L'introduzione dello zero nel sistema decimale è stato il risultato più significativo nello sviluppo di un sistema numerico in cui fosse possibile il calcolo con i grandi numeri». Un'operazione avvenuta solo nel XIII secolo, per mano di un grande matematico italiano, il pisano Leonardo Fibonacci, maestro dell'algebra e creatore della celebre sequenza numerica che porta il suo nome: nel Liber abaci Fibonacci introduce le nove cifre arabo-indiane e il segno zero, da lui chiamato “zephirus” adattamento dell'arabo sifr, cioè “vuoto”. Una conquista fondamentale perché, parafrasando ancora il professor Arsham: «Senza la nozione di zero non sarebbe stato concepibile stabilire modelli generali di riferimento nel commercio, in fisica, chimica e nell'industria».

 

Per conoscere l'affascinante storia dei numeri guarda il racconto di Piergiorgio Odifreddi