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Il sistema periodico di Mendeleev si arricchisce di quattro nuovi elementi

 

 

Dopo un anno di attesa i quattro elementi aggiunti alla tavola periodica hanno finalmente trovato un nome di battesimo. Tre prendono spunto da tre località che ospitano importanti istituzioni scientifiche e sono il Tennessine (Tennessee), il Nihonium (Giappone) e il Moscovium (Mosca); l'ultimo si chiama Oganesson ed è ispirato al nome di un importante fisico nucleare, Yuri Oganessian.
Ma come nasce il sistema periodico, uno strumento di classificazione fondamentale per gli scienziati di tutto il mondo?
Nel 1869 il chimico russo Dmitri Mendeleev cominciò una ricerca di un sistema per ordinare gli elementi che culminò con la pubblicazione, nel 1872, di un poderoso saggio in cui proponeva e argomentava il sistema periodico degli elementi.
All’epoca gli elementi venivano raggruppati in due modi: o in base al peso atomico (secondo il principio di Avogadro) o in base alle loro proprietà (ad esempio i metalli o i gas). Il merito di Mendeleev fu accorgersi che i due criteri potevano essere raggruppati in un’unica tavola.
Lo scienziato russo organizzò gli elementi in gruppi di sette. Si disse che si fosse ispirato a un gioco di carte solitario: infatti dispose gli elementi in file orizzontali dette periodi e in colonne verticali dette gruppi.
La tavola mostrava una serie di correlazioni quando la si leggeva dall’alto al basso e un’altra serie se la si leggeva da un lato all’altro. Le colonne verticali evidenziavano proprietà chimiche. Per esempio il rame veniva a trovarsi sopra l’argento e l’argento sopra l’oro data la loro affinità come metalli, mentre l’elio, il neon e l’argon si trovavano nella colonna dei gas inerti.
Nelle file orizzontali gli elementi si sistemavano in ordine ascendente, in base al numero di protoni presenti nel nucleo, anche se nell'Ottocento non si conosceva la costituzione di un atomo e tantomeno i portatori di carica positiva del nucleo: i protoni.

 

 

Il secondo criterio di classificazione scelto da Mendeleev fu il peso atomico, cioè un numero che indica di quante volte un atomo pesa più di un atomo di idrogeno, il cui peso atomico è preso (praticamente) uguale a uno. Mendeleev dispose così in una riga orizzontale, uno dopo l’altro, l’idrogeno (simbolo H; peso atomico 1), il litio (Li; 7), il berillio (Be; 9), il boro (B; 10), il carbonio (C; 12), l’azoto (N; 14), l’ossigeno (O; 16), il fluoro (F; 19). L’elemento successivo era il sodio (Na; peso atomico 23), il cui comportamento chimico è simile a quello del litio. Mendeleev cominciò così un’altra riga orizzontale, sempre disponendo gli atomi in ordine di peso atomico crescente e mettendo ciascun atomo nella casella sottostante l’atomo precedente dotato di comportamento simile. In questo modo arrivò fino al calcio (Ca; 40): a questo punto Mendeleev incontrò una serie di elementi con proprietà che non si erano ancora incontrate. Dovette allora predisporre, dopo due righe “corte”, alcune righe “lunghe”, ma il principio della periodicità delle caratteristiche chimiche continuava, in maniera sorprendente, ad essere rispettato.
Continuando con questo criterio lo studioso sistemò i 63 atomi che conosceva nel 1869; se non trovava al posto giusto l’atomo giusto lasciava vuota una casella e andava avanti. Nell'edizione inglese del suo Trattato di chimica, pubblicata nel 1891, figuravano 65 elementi, con molti “vuoti”.
Per noi la tavola periodica è un’entità astratta ma per i chimici essa stabilì un ordine e una chiarezza immediati. Oggi abbiamo 120 elementi conosciuti, 92 naturali e una ventina creati in laboratorio. Al tempo di Mendeleev erano noti solo 65 elementi ma parte del valore della sua tavola sta nel fatto che lasciava prevedere con notevole accuratezza dove sarebbero andati a inserirsi i nuovi elementi una volta scoperti.

Per approfondire la storia della chimica moderna guarda la lezione del premio Nobel Harold Kroto