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Hidden Figures: la storia delle tre scienziate che fecero andare l’uomo sulla Luna

Praticamente invisibili. Perché donne e perché afroamericane, in un mondo dominato dagli uomini come quello scientifico e in una società razzista come quella degli Stati Uniti del dopoguerra. Sono Katherine Johnson, Dorothy Vaughan, entrambe matematiche, e Mary Jackson, ingegnere spaziale, le tre donne della NASA che con i loro calcoli permisero agli americani di andare nello spazio. La storia di queste “Hidden Figures” – Figure nascoste – viene raccontata dalla scrittrice Margot Lee Shetterly in un appassionante libro trasposto in un omonimo film ora sugli schermi, da noi tradotto con il titolo Il diritto di contare.

Siamo nel pieno della Guerra fredda, il conflitto sottotraccia che si gioca tra il blocco occidentale, Stati Uniti in testa, e i Paesi comunisti capeggiati dall'Unione Sovietica. Una battaglia che non coinvolge soltanto politica ed economia ma ogni attività umana, dalla scienza allo sport, giacché è in ballo la supremazia assoluta tra due modelli di vita e di società completamente diversi: capitalismo contro socialismo. Alla fine degli anni Cinquanta lo scontro si è spostato addirittura oltre i confini della Terra, nello spazio, e i russi sono in netto vantaggio. Nell'ottobre del 1957 infatti l'URSS ha mandato in orbita il primo satellite artificiale, lo Sputnik, e un mese più tardi tocca a un essere vivente, la famosa cagnetta Laika, compiere un breve viaggio interplanetario. Gli americani cercano di correre ai ripari e l'anno seguente fondano una propria agenzia spaziale, la NASA: il gap con i rivali comunisti però sembra ancora enorme, tanto più che nell'aprile del 1961 dalla base spaziale di Bajkonur parte la Vostok 1 con a bordo l'astronauta sovietico Jurij Gagarin, il primo uomo a volare attorno alla Terra. La corsa allo spazio è ormai un obiettivo centrale e il neopresidente Kennedy in un celebre discorso svela le ambizioni del suo Paese: l'uomo sulla Luna entro dieci anni. Un progetto che potrebbe apparire utopico e che se non fosse portato a termine rappresenterebbe un fallimento rovinoso; tutti gli sforzi vengono allora concentrati in questa direzione e vengono chiamate a raccolta le menti migliori della nazione. Tra queste ci sono ovviamente le protagoniste della nostra storia che, grazie alla loro straordinaria abilità nel calcolo – “computer umani” potrebbero essere definite –, proprio nel '61 entrano a far parte dello Space Task Group, l'equipe della NASA specializzato nel mettere a punto il difficile compito.

Armate di matite, regoli e rudimentali calcolatrici Johnson, Vaughan e Jackson stabiliscono le misure esatte necessarie a lanciare nel cosmo le navicelle e il loro equipaggio. Nonostante il loro ruolo fondamentale, la vita non è affatto facile per le tre scienziate. Perché, oltre alle grandi disparità di genere che sono costrette a subire in un ambito che relega le donne a semplici comprimarie dei loro colleghi maschi, non dobbiamo dimenticare che hanno la pelle nera e che lavorano al Langley Research Center di Hampton, in Virginia. Stiamo parlando di uno Stato in cui vigono ancora le leggi Jim Crow, quelle che sanciscono la segregazione razziale e prevedono ristoranti e bar separati, scuole separate e mezzi pubblici separati: il movimento per i diritti civili sta rivoluzionando l'America, ma ci vorranno ancora quattro anni perché le famigerate leggi vengano abolite. Per le studiose sono giorni di dure umiliazioni, come andare dall'altra del centro di ricerca per utilizzare gli appositi bagni per colored o essere sempre considerate inferiori pur sapendo che il loro apporto è indispensabile. La forza d'animo, l'amore per il Paese e soprattutto la passione per i numeri saranno più forti di ogni forma di razzismo e maschilismo e alla fine darà i suoi frutti; la storia ci dice infatti che nel 1969 due astronauti americani, Armstrong e Aldrin, lasceranno la loro impronta sul suolo lunare. Tuttavia per vedere riconosciute le loro emblematiche figure non basterà il sensazionale allunaggio: bisognerà attendere quasi cinquant'anni ancora perché i loro nomi occupino finalmente il posto che meritano.