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Dieta e medicina all'età della pietra: uno studio australiano mette in luce l'alimentazione dei nostri antenati

Ogni giorno veniamo bombardati da notizie e consigli sulla corretta alimentazione: quali cibi ci faranno vivere cento anni, quali sono perfetti per evitare disturbi gastrici e quali miracolosi per perdere peso nel più breve tempo possibile. Ma questa vocazione per un'alimentazione sana è tipica dei tempi moderni o già i nostri progenitori erano consapevoli delle proprietà di piante e carni e li mangiavano anche in un'ottica terapeutica? A giudicare da un interessante studio dell'Università di Adelaide, in Australia, pare proprio di sì. Un gruppo di biologi guidati dalla dottoressa Laura S. Weyrich ha infatti analizzato i fossili di quattro uomini di Neanderthal ritrovati in Belgio – nella grotta di Spy – e in Spagna – nel sito di El Sidron – scoprendo le tracce rivelatrici del loro regime nutrizionale. In particolare gli studiosi, specializzati nell'esame del DNA antico, hanno esaminato la placca dentaria dei quattro ominidi, perché, spiegano, «intrappola i microrganismi che vivevano in bocca, gli agenti patogeni presenti nel tratto respiratorio e gastrointestinale, così come i pezzi di cibo bloccati nei denti, preservando il Dna per migliaia di anni». Sono così venute alla luce alcune preziose e sorprendenti informazioni.

Prendiamo per esempio il giovane neanderthaliano ritrovato nella grotta di El Sidron e vissuto circa 50.000 anni fa. I ricercatori hanno rilevato che soffriva di ascessi e di dissenteria acuta, causate da un parassita intestinale. La cura migliore? Secondo i resti di tartaro sulla mascella, una dieta a base di pioppo, i cui germogli contengono dosi elevate di un analgesico naturale e antiinfiammatorio quale l'acido salicilico, vale a dire il principio attivo della popolare aspirina. Dunque un'alimentazione mirata che fa pensare come i nostri antenati conoscessero le piante medicinali e fossero in grado di automedicarsi. Una conclusione che rafforza una tesi già evidenziata da altri studi, segnatamente uno del 2012 in cui si evinceva che i Neanderthal utilizzassero erbe come la camomilla e l'achillea per le loro qualità sedative.

Un altro stimolante risultato proviene dal confronto tra le abitudini “gastronomiche” dei due gruppi umani presi in considerazione, decisamente diverse in relazione all'habitat naturale. Per gli ominidi che vivevano in Belgio, in una zona perlopiù stepposa, dominata dai grandi mammiferi erbivori, questi ultimi costituivano la maggiore fonte di nutrimento: il menù di Spy, degno di cavernicoli gourmet, prevedeva rinoceronti lanosi e mufloni con contorno di funghi. Nella penisola iberica, dove al contrario proliferavano le foreste, il consumo di carne sembra quasi assente, mentre è molto più diffusa una dieta “vegana” varia e di qualità composta da funghi, pinoli, muschio e corteccia d'albero.

Ma il successo della ricerca australiana non finisce qua, perché gli archeologi genetici di Adelaide hanno messo a segno un ulteriore colpo: la ricostruzione della sequenza del più antico genoma microbico della storia, quella del Methanobrevibacter oralis, responsabile di infezioni alle gengive e al tessuto osseo. Una scoperta molto significativa che potrebbe contribuire non solo a illustrare l'evoluzione di virus e microbi nel corso dei millenni, ma anche a spiegare il mistero sulla scomparsa dell'uomo di Neanderthal e l'affermazione della nostra specie, l'Homo Sapiens.