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Dalle piante la soluzione per bonificare i siti inquinati


Il modo migliore per bonificare i siti inquinati? È la fitorimediazione, cioè un metodo per rimuovere le sostanze tossiche presenti nel suolo, nell'aria o nell'acqua utilizzando esclusivamente le piante. Questa pratica è stata introdotta negli anni Novanta, ma solo negli ultimi anni si è diffusa ampiamente, purtroppo a causa della necessità sempre più urgente di risanare porzioni di territorio oggetto di piccole o grandi catastrofi ecologiche.

Grazie ai loro processi biologici, le piante infatti sono in grado di eliminare diversi elementi inquinanti in maniera “pulita” e definitiva. Per esempio riescono a trasformare alcuni solventi nocivi, come la comune trielina, in componenti innocui che vengono poi fatti sparire completamente; oppure, come avviene nel caso di metalli pesanti come piombo o zinco, li assorbono interamente nelle radici o nel legno. Addirittura, in questo caso il legno, se non presenta livelli di metalli pesanti troppo elevati, può essere tranquillamente riutilizzato.

Ovviamente non tutte le specie vegetali sono adatte a questo scopo e talune svolgono meglio un compito specifico rispetto alle altre. Particolarmente efficienti sono alcuni tipi di pioppo, che agiscono da vere e proprie pompe naturali estraendo pesticidi o disserbanti da fiumi e falde acquifere; il girasole selvatico e la senape indiana sono invece indicati per l'assorbimento di metalli inquinanti; mentre sembra che per bonificare l'area dell'Ilva di Taranto sia molto adatta la canapa indiana.

I vantaggi della fitorimediazione sono numerosi. Innanzitutto, come detto, l'eliminazione definitiva delle sostanze velenose dall'ambiente, a differenza dei metodi tradizionali che prevedono soluzioni temporanee come spostamenti o coperture; quindi l'impatto quasi nullo sull'ecosistema e sul paesaggio, a cui un bosco di pioppi regalerà sicuramente un aspetto migliore rispetto al profilo di un silo o di una collina artificiale; infine il fattore economico, dato che i costi sono decisamente più contenuti rispetto alle tecniche classiche: si calcola che per spostare mille metri cubi di terreno contaminato si spendano circa mezzo milione di euro. Unico lato negativo sono i tempi dell'intervento “vegetale”, che vanno dall'ordine dei mesi fino alle decine di anni: tempi decisamente lunghi ma che sono tali proprio perché devono rispettare i ritmi e le regole della natura.

Uno svantaggio che potrebbe rivelarsi fatale nella situazione critica in cui versa il nostro pianeta e di cui le cronache giorno dopo giorno ci rendono conto. La speranza è che un sistema così innovativo ed ecologico come la fitorimediazione non venga abbandonato, ma che si sviluppi sempre di più, magari perfezionando le sue pratiche anche con l'aiuto delle tecnologie moderne.