Questo sito utilizza dati statistici sulla navigazione installati da terze parti autorizzate, rispettando la privacy dei tuoi dati personali e secondo le norme previste dalla legge. Continuando a navigare su questo sito accetti il servizio e gli stessi cookie.

Cinque cose da sapere della vita di Francis Bacon

«Ho sempre sognato di dipingere il sorriso, ma non ci sono mai riuscito.»

In occasione della mostra di Treviso “Francis Bacon. I mille volti dell'uomo moderno”, ecco alcune curiosità sulla vita del grande pittore anglo-irlandese.

Perché decise di diventare pittore
Negli anni Venti il giovane Bacon è un ragazzo irrequieto che ha abbandonato la famiglia e si mantiene con le tre sterline che gli passa la madre, alcuni lavoretti irregolari e qualche furto. Intanto viaggia per l'Europa e qui viene a contatto con i più vivaci ambienti culturali dell'epoca, in particolare quello parigino. È proprio a Parigi che Bacon matura l'idea di dedicarsi all'arte, dopo essere stato folgorato dall'esposizione di Picasso del 1927: il maestro spagnolo e le sue figure biomorfiche saranno la sua fonte d'ispirazione iniziale, come dimostra il suo dipinto Crucifixion del 1933, una delle prime a essere selezionata per una mostra collettiva. Non sarà solo Picasso a influenzare Bacon: tra i suoi modelli troviamo i febbrili dipinti di Soutine e Van Gogh, le atmosfere sospese di De Chirico e le fragili sculture di Alberto Giacometti, uno degli artisti contemporanei più ammirati da Bacon.

Gli atelier di Bacon
Gli atelier hanno svolto un ruolo determinante per l'arte di Bacon: sono spazi fatti a sua immagine e somiglianza, vere e proprie fonti di ispirazione. In particolare sono due gli studi più importanti nella vita dell'artista. Il primo è quello di South Kensington, a Londra, in una casa già appartenuta al pittore preraffaellita John Everett Millais: Bacon vi si sposta nel 1943 e lo trasforma in un casino clandestino durante uno dei periodi più dissoluti della sua esistenza. In questo stanzone cavernoso e fatiscente dipinge l'opera che gli darà la fama meritata, Tre studi per figure alla base di una crocifissione.
Ancora più prezioso sarà l'atelier al 7 di Reece Mews, in cui si muove nel 1963 e in cui resterà fino alla morte nel 1993. In poco tempo il piccolo studio diventa l'incarnazione delle visioni di Bacon: macchie e grumi di colore sui muri e le porte, poster e riviste accatastati ovunque, fogli di carta sparsi qua e là, così come i pennelli e i suoi attrezzi di lavoro. Come afferma lui stesso: “Io in questo caos mi sento a casa perché il caos mi suggerisce le immagini”.

Una tecnica “povera”
Alcune delle innovazioni stilistiche di Bacon sono dovute anche a motivi pratici. Ne è un esempio la sua celebre tecnica di dipingere sul retro delle tele, che viene sperimentata durante il suo soggiorno a Montecarlo, quando il pittore, grande giocatore d'azzardo, persi tutti i soldi al Casinò non può permettersi di acquistare nuovi supporti: da qui l'idea di utilizzare il retro, scoprendo che la tela grezza trattiene meglio il colore e ne aumenta la consistenza. Da allora in poi diventerà la sua tecnica preferita.

La nascita di un capolavoro
Può sembrare strano, ma per realizzare il suo capolavoro Studio dal ritratto di Innocenzo X, Bacon non ha mai osservato dal vivo l'originale di Velázquez: evita persino di andare a vederlo alla galleria Dora Pamphilj durante un soggiorno a Roma. I suoi modelli sono le tante riproduzioni del quadro prese da stampe e libri, mentre per il viso distorto l'artista si ispira all'urlo di una madre del quadro La strage degli innnocenti del pittore seicentesco Poussin e all'infermiera che grida in una memorabile sequenza del film La Corazzata Potemkin di Eisenstein.

L'amore tragico per George Dyer
Secondo la leggenda, il suo modello prediletto e amante George Dyer viene conosciuto da Bacon in circostanze singolari: Dyer è infatti un ladruncolo e una notte del 1963 si intrufola proprio nell'abitazione dell'artista, che sorpreso il giovane se ne innamora immediatamente. In realtà i due si conoscono in un pub di Soho, ma resta innegabile la grande importanza che questa relazione avrà nella vita di Bacon. Nove anni turbolenti che culminano nel suicidio di Dyer in una stanza d'hotel a Parigi, due giorni prima dell'apertura della grande retrospettiva del pittore al Petit Palais nel 1971; nove anni durante i quali Bacon inizia a dipingere ossessivamente il compagno, continuando a ritrarlo anche dopo la sua morte, come nel tragico Trittico, Maggio-Giugno 1973, che rappresenta i momenti finali della vita di Dyer.

 

Per conoscere i segreti dei ritratti di Francis Bacon guarda la conversazione con la storica dell'arte Gabriella Belli.