Questo sito utilizza dati statistici sulla navigazione installati da terze parti autorizzate, rispettando la privacy dei tuoi dati personali e secondo le norme previste dalla legge. Continuando a navigare su questo sito accetti il servizio e gli stessi cookie.

Una misteriosa storia d'amore: Goya e la Duchessa d'Alba

Qual è stata la vera natura della relazione tra il grande pittore Francisco Goya e l'ammaliante Maria Cayetana de Silva, meglio nota come la Duchessa d'Alba? È stato un amore appassionante o una semplice amicizia? Il primo contatto fra i due sembra che avvenne intorno al 1790 nel palazzo della Duchessa di Osuna: Maria era un'eccentrica donna di 28 anni, fin dalla tenera età – tredici anni – moglie di Jose Alvarez de Toledo, uno dei “grandi” di Spagna, vale a dire la massima dignità nobiliare della corte iberica; Goya aveva da poco superato la quarantina, era un artista affermato e aveva appena eseguito il ritratto ufficiale dei nuovi reali Carlo IV e Maria Luisa. Con ogni probabilità il pittore rimase folgorato dalla bellezza e dal fascino di una donna della quale si diceva che anche un solo capello destasse il desiderio. Pochi anni più tardi, siamo nel 1795, egli stesso racconta di come la duchessa fosse venuta un giorno nel suo studio chiedendogli di essere truccata: un episodio che testimonia il carattere forte e volitivo della signora, capace di fare una tale richiesta nientemeno che al direttore dell'Accademia reale d'arte. Goya ne fu tuttavia lusingato e scriverà in una lettera a un amico di aver provato più piacere in quel compito che nel dipingere una tela.

Ormai la scintilla è scoccata e perciò è da credere che quando, qualche mese dopo, venne chiamato dal duca d'Alba per realizzare il suo ritratto e quello della moglie a figura intera, Goya dovesse sentirsi molto felice non solo per l'incarico ma anche per la possibilità di stare fianco a fianco con l'incantevole modella. L'artista fece del suo meglio per celebrare la nobildonna, la raffigurò con uno sguardo distaccato e severo che spicca, con il suo candido abito bianco stretto in vita da una fascia rossa e i lunghi capelli neri, sullo sfondo del paesaggio brullo.

L'attrazione del pittore per la duchessa era al momento solamente platonico, ma l'anno successivo un avvenimento scompaginò le carte: il duca Jose Alvarez de Toledo morì improvvisamente e Maria Cayetana rimase vedova. Qui si colloca l'incontro più importante tra Goya e la sua amata: mentre era in Andalusia per compiere dei lavori in alcune chiese, venne invitato dalla donna nella sua residenza andalusa di Sanlucar, dove stava trascorrendo il periodo di lutto. L'artista era al settimo cielo, vedeva uno spiraglio per la sua passione e riversò il suo umore anche nelle opere del periodo: la duchessa diventò la sua musa ispiratrice, fu la protagonista di diversi disegni del taccuino e venne rappresentata in un celebre ritratto, La Duchessa d'Alba in nero.

L'opera riprende quella precedente, la posa è molto simile, c'è anche il gesto che indica l'inequivocabile firma dell'artista; stavolta però Goya volle esaltare la bellezza della modella in modo differente e per questo motivo la dipinse in un costume da maja, l'abito tradizionale popolare spagnolo, nero e di raffinato pizzo, così da contrastare nettamente con l'incarnato avorio, le preziose scarpette e le quinte spoglie dietro di lei. Ma il quadro voleva essere anche una poetica dichiarazione d'amore del suo artefice, pronunciata dall'anello al dito su cui è inciso il nome Alba e dalla scritta sulla sabbia che recita “Solo Goya”. E che questa tela rappresentasse qualcosa di più per il pittore è testimoniato dal fatto che egli non se ne separò mai fino alla morte, anzi la lasciò in eredità al figlio Javier.

Nonostante le tracce artistiche della devozione di Goya per Maria Cayetana non sappiamo se l'affetto fu contraccambiato e se si tramutò in una relazione. Molti hanno pensato e sperato in un lieto fine, qualcuno aveva messo in giro anche la voce che la duchessa d'Alba fosse l'iconica Maja desnuda e vestita in due capolavori eseguiti a cavallo dell'Ottocento, segno di un'intimità prolungata tra i due. Un saggio di una decina d'anni fa della storica Manuela Mena ha chiuso ogni porta a un possibile idillio, definito una “leggenda urbana”, impraticabile sia per ragioni di anagrafe che, ancor più, di estrazione sociale. La certezza di ciò che accadde però non possiamo averla, prove inconfutabili non ve ne sono. Vero è che la parola fine al rapporto lo mise, ancora una volta fra le righe, lo stesso Goya in un disegno datato 1798 che sa di addio definitivo: qui appare una figura femminile rapita da alcune streghe volanti, la fanciulla ha le fattezze della duchessa d'Alba e il titolo dello schizzo è Volaverunt, espressione proverbiale che significava “finito per sempre”.

 

Per conoscere la straordinaria arte di Francisco Goya guarda il racconto di Simona Tosini Pizzetti